Il traduttore come mediatore culturale

Quando, nella vita di tutti i giorni comunichiamo, nella maggior parte dei casi conosciamo il nostro destinatario (in uno dei ruoli sociali che assume). Tradurre significa comunicare. Perciò, il traduttore deve sapere a chi comunica, chi è il destinatario della sua opera di traduzione, chi è il suo lettore modello. Spesso il modello del lettore del testo tradotto non coincide con il modello del lettore del testo originale. Questo si spiega con le differenze culturali tra le due società: quella della lingua di partenza non ha una struttura identica alla società della lingua di arrivo. Poter comunicare (tradurre) una cultura in un’altra significa far capire a chiunque faccia parte di una comunità (cultura) gli elementi appartenenti (e talvolta specifici) di un’altra comunità (cultura). Tutto ciò determina la scelta della strategia traduttiva in grado di poter superare i problemi relativi alla traducibilità. In tutti i casi, però, a prescindere dalla strategia traduttiva scelta, “la lingua dell’uomo, teoricamente è sempre in grado di esprimere elementi derivanti da un’altra lingua/cultura. Il presupposto importante perché un testo sia traducibile è allora la consapevolezza del traduttore: è il traduttore a dover essere a conoscenza delle differenze esistenti tra lingue e tra culture”. (“Corso di traduzione” a cura di Bruno Osimo).

Così il traduttore diventa un mediatore speciale – mediatore culturale – che si deve concentrare soprattutto sui legami culturali tra le due società: di partenza del testo e di arrivo.

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